È ancora possibile fare musica in maniera semplice? Senza suoni patinati, complesse orchestrazioni, sterili perfezionismi, cellophane sonori capaci di rendere plastico ogni suono? A quanto pare si, e ne abbiamo la dimostrazione con l’album di cui sto per scrivere. Il mio primo ascolto è avvenuto in un treno, che mi portava al provino per Italia’s Got Talent. Arrivato là, c’erano centinaia di sedicenti cantanti (me compreso), una ventina di Michael Jackson, tre Vasco Rossi e due Zucchero. Proprio là, in questo gruppone assurdo di “talenti” mi venne da chiedermi cosa sia il talento in Italia, se chiunque creda di avere talento, perchè così sembrava. Poi però ci sono sorprese come questo album, È, il primo per la Sugar della ventenne cantautrice Biscegliese Erica Mou. Una simpatica ragazzina che a 18 anni è salita su un palco, e a 19 ha vinto i premi più importanti nel contesto cantautorale italiano. E che dopo l’esordio indipendente entra nella scuderia di Caterina Caselli per pubblicare un album intenso, imperfetto, atipico e genuino. Inizia con un fruscio. Un fruscio di registrazione, uno di quelli che io quando registro butto ore ed ore per cancellare, in questo disco non solo è lasciato al suo ruolo di disturbatore, ma addirittura apre l’album. Mi è bastato per farmi innamorare delle canzoni che lo hanno seguito.
Da subito è già chiara la direzione sonora e musicale dell’album: indie-pop acustico con l’ausilio di LoopStation e piccoli elementi sintetici. Un sintomo di sperimentazione che possiamo aspettarci tranquillamente, essendo l’album prodotto da quel Valgeir Sigurðsson che tanto caro fu a Bjork.
La ricerca di un luogo diverso dal comune, un luogo che vada «Oltre le apparenze / Oltre le stupide credenze» è al centro di Oltre, il brano che apre l’album, mostrando il Songwriting delicato e quotidiano della (al secolo) Muscio, che si rispecchia anche nei suoni inseriti nella LoopStation: forchette, spaghetti, sussurri, trame vocali che si rincorrono. Oltre apre l’album con una dichiarazione d’intenti ed una summa perfetta dell’entità artistica Erica Mou. A seguirlo c’è Giungla, un pezzone pop pieno d’aria, video Mtv New Generation per un bel po’. Uno sfogo che potrebbe essere comune ai giovani del 2011, la ricerca e l’affermazione di un’identità al di fuori delle omologazioni e delle etichette. È un album pieno di silenzi che finiscono per sottolineare quanto siano speciali le note, i suoni particolarissimi e familiari e le parole. La voce diventa, come ad esempio in Torno A Casa (Lasciami Guardare), arco, fiato o percussione a seconda delle esigenze, il tutto accompagnato da parole attente e scelte con attenzione («Vorrei avere occhi scevri / da giudizi e notti insonni»). Quando come in Vorrei dirti un sacco di cose adesso il sound minimale si ingrossa ed i suoni diventano un po’ più pieni, tra strati sonori ed archi, non si perde l’intento soave delle composizioni, che vengono impreziosite, trascinano ma non distraggono. In La Neve Sul Mare, viene raccontata l’importanza delle mancanze con un ritmo travolgente e moderno, come se Britney facesse un Mtv UNplugged (e non scherzo nè esagero). È un disco per voce, chitarra e vita, che pulsa di sincerità, come quella del brano È, che sembra uscito dalla cameretta di un qualunque post-adolescente (proprio come Erica), un piccolo, minuscolo capolavoro di dolcezza, a metà tra illusione, disillusione e ricordi d’infanzia e familiari («Ma io bacio ancora le ferite / per far andare via il dolore» è una frase meravigliosa) passando per la semplicità di Tè, la geniale intuizione di Epica (con citazioni colte e una melodia quasi solenne) e la dolcezza di Vivere sul tuo collo che mostra la persona amata come un porto sicuro, romanticissima, mostra l’amore come unico bisogno. Potrebbe sembrare noioso? Potrebbe, ma quale album cantautorale non potrebbe esserlo? Da De Gregori fino a Le Luci Della Centrale Elettrica, di cui Erica sembra essere una versione femminile e più romantica e sognante, anche grazie al misterioso talento nel confezionare suggestioni sonore utilizzando soltanto la propria voce e gli strumenti della tecnologia, come l’ambientazione arabeggiante di Harem. A chiudere l’album prima della originale e divertente cover dei Fleetwood Mac Don’t Stop, c’è E mi, così magica che sembra riassumere la magia dell’intero album, mostrando come sorprendersi o perdersi nel silenzio.
O anche perdersi nella consapevolezza che l’Italia è piena di Talenti veri (non quelli che ho incontrato al provino)
…ed Erica è certamente uno di questi.
[scritto da Mm]