Questa recensione si apre con un minimo di polemica. Il disco che sto per recensire è “Teenage Dream” di Katy Perry. L’ho comprato durante il mio viaggio a Londra, e l’ho pagato 9.99£, che in euro sarebbe intorno ai 13€. Lo stesso album (nella versione base, la stessa che ho comprato io) in Italia costa 21€. La versione Deluxe, invece (2 cd) in UK costa 14.99£ (17€), in Italia 24€. Parliamone. Non è normale tutto ciò. Il disco è lo stesso, le canzoni pure. Ma in Italia la versione base costa più che la deluxe in Inghilterra. Bah. Intanto l’ho comprato e ce l’ho qua. Con le sue 12 canzoni niente male, la copertina sexy con quel gran pezzo di ragazza della signora Brand e il profumo di Fragola che si sparge nell’aria (nel bollino c’è scritto “Cotton Candy Scented”, ed infatti il booklet è profumato di Zucchero Filato). Tutto è basato, così come dice il titolo, sull’adolescenza. Sogni di amori che non arriveranno, di storie assurde e serate all’estremo. La cosa bella di questo album e che lo differenzia dal resto del “bubble-gum pop” americano è il concetto di base suddiviso in tanti altri concetti. Mi spiego: il concetto dell’adolescenza ha diverse sfaccettature ed ogni brano ha un’idea alla base.
“Teenage dream” è un po’ l’inno di tutto ciò, l’amore perfetto così come il pop di Katy Perry, con testi curati e per nulla banali, con punte di poesia anche in brani come questo, che non è proprio una ballad o un brano intenzionalmente poetico. “Last friday night (TGIF)” è l’apologia dei venerdì sera folli dei ragazzini (e non solo) che mette in luce l’anima festaiola della nostra Caterina Perrini (traduzione maccheronica by Mm) e anche la strana attenzione alle parole con spunti dal quotidiano (ad esempio il verso “le foto di stanotte sono finite online, sono fottuta”, così attuali in tempi di FaceBookdipendenza). A sorpresa, dopo che ci abbia allietato/spaccatoicoglioni per mesi e mesi “California Gurls” è forse il brano di minor spessore dell’album. Una superhit, per carità, arrangiata benissimo, ma che in confronto al resto del disco potrebbe anche venire trascurato. Altro argomento principe della teen-age è la mancanza di autostima (e ve lo dico io che ci sto dentro fino al collo) trattata in “Firework”, una linea melodica ballad imbastardita dal pop, che con quegli archi romantici forse avrebbe dato molto di più in versione lenta.
Ma Katy è pur sempre una cazzara, e in “Peacock” arriva con un’altro dei suoi (tantissimi e disseminati in tutti i suoi testi) giochi di parole. È stupida, estremamente divertente e scritta con genialità, mentre invece “Circle the drain” è una canzone arrabbiata, che mostra la prima svolta rock del disco (credetemi, se Katy si desse ad una musica un po’ più rockeggiante…) ed inoltre lascia ascoltare una notevole attenzione agli arrangiamenti ed agli effetti applicati alla voce che fanno una buona parte dell’ottimo lavoro sonoro del disco.
Adolescenza, però è anche nostalgia, e qui arriva “The One That Got Away”, forse il capolavoro del disco, o comunque quella che mi tocca di più. Sognante, emozionante ricordo del primo amore, una struggente ipotesi di “cosa sarebbe stato” che al primo ascolto ha fatto commuovere il sottoscritto. Che vabè che non ci vuole tanto, ma andava detto. Un’altra idea interessante è quella alla base di “E.T.” che, tra un synth e elettronicismi vari, parla di una storia d’amore con un alieno, o più semplicemente, una persona completamente diversa. Interessante ma non indispensabile. La timbalandiana “Who am I living for?” e “Pearl” fanno parte di quel repertorio della Perry più introspettiva, con quest’ultima che tratta dei rapporti che finiscono per nascondere le qualità di una persona. A chiudere il disco ci sono “Hummingbird Heartbeat” (in pieno stile Katy Perry, forse troppo) e “Not like the movies”, una ballatona da chiusura-album che mostra la parte migliore di Katy. Infatti l’avevamo già amata più che con il suo album d’esordio, con l’Mtv Unplugged (già recensito qui), dove ha mostrato che il vestitino di bambolina pop le sta bene, ma di certo le sta meglio quello di musicista a tutto tondo. Intanto ci ha lasciato un album molto divertente, ben scritto e ben prodotto, e pieno di potenziali singoli, di certo sopra la media del pop americano. A volte anche quella che sembra plastica, sotto sotto lascia intravedere un cuore.