Esistono perle sconosciute nella musica italiana.
Entità, band, album, canzoni che meriterebbero un’attenzione ben più ampia di quella che ricevono. C’è un meraviglioso circuito alternativo che andrebbe scoperto e reso mainstream, non per infettarlo della becerità, quanto perchè semplicemente sarebbe giusto così.
Arriviamo così agli …a toys orchestra, probabilmente la migliore band indipendente italiana; si contano, in pratica, loro e i Baustelle (di cui già ebbi l’onore di parlare da queste pagine web) che però sono già passati a Major eccetera. Loro, fieri del marchio Urtovox che portano i loro dischi, arrivano dopo 15 anni di sudore, prove, concerti e carriera a pubblicare il loro quarto disco, “Midnight Talks”. E la mezzanotte parla attraverso queste canzoni, variegate, dannatamente rock’n’roll e belle belle belle.
La crescita musicale si sente, si vede, si avverte, già dall’accordo di piano di “Sunny Days” che apre l’album e sembra quasi (quasi eh) una traccia fantasma, un qualcosa di piazzato lì con quei suoni eterei e la voce di Ilaria ad aprire le danza, proprio per prepararci all’ascolto di qualcosa di potente, emozionale, bello.
I nomi delle influenze sono inutili, gli …a toys prendono da ogni cosa e creano qualcos’altro. “Un disco fatto di baci e di morsi”, come disse Enzo Moretto, il frontman e songwriter della band dal palco del (bellissimo, c’ero) concerto di Napoli di qualche mese fa. E così è…un album passionale, con tocchi di lirismo e di drammaticità sparsi lungo tutti i brani. C’è una canzone fatta apposta per dondolarsi (“Red Alert”), un meraviglioso inno synth-rock da cantare in coro (“Mystical Mistake”), la atmosferica “The Day Of The Bluff”. Poi c’è la dichiarazione di appartenenza della band, che omaggia l’Italia e le atmosfere della cinematografia sixties in “Celentano” in cui sono citate “Yuppidu” dell’Adriano nazionale, ma anche la loro “Mrs. Macabrette”.
Arrangiamenti strani e ricercati, melodie mai banali, una ricerca sonora sorprendente e una bravura che valla a cercare in Italia, adesso. A metà del disco c’è la minisuite di Plastic Romance. La prima, Beatlesiana (dei tempi di Sgt. Pepper’s) e zompettante, la seconda, romantica e drammatica. I brani si legano perfettamente tra di loro, perchè la stesura della scaletta e della tracklist è una vera e propria arte in cui l’orchestra di giocattoli eccelle.
La drammaturgia continua con “Pills on my bill” e la misteriosa “Frankie Pyroman”, in cui l’abitudine del nostro LittleMoor (Moretto, chiedo scusa per la battuta idiota) di creare personaggi curiosi e disadattati con le loro strambe storie. Il “Backbone Blues” sembra una versione sotto steroidi del Bob Dylan di “The freewheelin”, mentre “Look in your eyes” è di una bellezza rara e immensa in cui le liriche toccano vette altissime (“And I Start to drink not to forget”, una frase stupenda), per poi passare alla sognante “Summer”, che sembra uscita da uno di quei momenti di agosto in cui ci si stende sul prato a guardare le stelle, con una ragazza mano per la mano e quel piano che sembra ogni nota una stella e quella chitarra che spunta dopo a cullarti. Poi ci si alza e si comincia a ballare e zompare tutti insieme, e quella è “The Golden Calf”, per poi finire di nuovo stremati sul prato trascinati dalle chitarre elettriche di “Somebody Else”. È un disco stupendo, punto. Bello.
E le canzoni, quelle stesse canzoni, dal vivo hanno una carica incomprensibile e meravigliosa, con le voci di Enzo ed Ilaria a mescolarsi, e anche grazie ai ragazzi che sono sì ragazzi ma soprattutto musicisti di una professionalità e di una bravura immensa (e alla line-up del gruppo si aggiunge Beatrice Antolini, altra musicista di cui essere fieri) e dalla notevole presenza scenica, va detto.
Ora, il messaggio è: andate sul sito degli …a toys, cercate la data più vicina ed andate a vederli, poi comprate i loro dischi, anche soltanto uno, anche soltanto questo o il precedente, e ascoltatelo poi fatelo ascoltare agli altri. E baciate con questo disco in sottofondo, e fateci l’amore e diamo dignità a questa musica che merita di più, di più, di più. Anche delle 4 stelle e mezza che sto per metterle.
[scritto da Mm]