Se dico Vasco, cosa vi viene in mente? Stadi stracolmi, magliette con le scritte delle canzoni, titoli improbabili contenenti espressioni di uso comune? No, a me non viene in mente soltanto lui, ma anche una giovane leva della musica italiana, uno degli autori più affascinanti che il cantautorato dei nostri giorni possa vantare: Vasco Brondi, ovvero Le Luci Della Centrale Elettrica. Uno che già il nome è una forma di poesia. Dopo l’esordio Canzoni da spiaggia deturpata, il ferrarese giunge al suo secondo album, che già “è sempre il più difficile nella carriera di un artista”, come direbbe CapaRezza, ed è difficile soprattutto se il tuo esordio è valso cinque stelle di critica in ogni recensione o quasi. Per ora noi la chiameremo felicità porta la musica di LeLuci ad un livello diverso, composto da più strati, leggermente più melodica. Canzoni brevi, fulminee, ed intense.

Vasco (quello giovane, non l’altro) urla molto meno rispetto al primo disco, a volte sussurra narrandoci le sue struggenti storie. Ha capito, col tempo, di non scrivere canzoni e basta come esigenza espressiva, ma di essere un cantautore; e possiamo dire che la prova del “secondo album” di cui sopra è stata più che superata. Il tema cambia ma I dischi de Le Luci continuano ad essere polaroid degli anni che viviamo, gli stessi di cui ci ha parlato nel suo primo libro Cosa racconteremo di questi cazzo di anni Zero: licenziamenti dai Call-Center, morti bianche, incertezza, crisi, problemi economici, amici che spariscono, lettere d’amore scritte con Word e non con la penna, catastrofi che si rincorrono nelle vite delle persone. Con più speranza ma con la stessa lucidità sognante di un ragazzo di vent’anni o pocopiù, quanti ne ha.

Ad aprire l’album è Cara Catastrofe, singolo di lancio dell’album, una sorta di meravigliosa dichiarazione d’intenti del lirismo dell’intero album: le liriche sono immaginifiche in maniera impressionante e troviamo metafore memorabili. La capacità di scrittura di Brondi lo fa apprezzare nonostante le sue canzoni ad un ascoltatore poco attento possano sembrare poco fantasiose per la scarsa costruzione melodica e per il fatto che siano basate sempre sugli stessi dannatissimi tre/quattro accordi e dalla chitarra acustica.

Ma stavolta non c’è solo lei, che ha sempre un ruolo dominante (insieme ai dannatissimi tre/quattro accordi): ci sono elettriche, violini processati, ci sono sintetizzatori che creano atmosfere, proprio come le parole dosate e scelte con attenzione. Ci preannuncia questo cambio di rotta Quando tornerai dall’estero, il secondo brano dell’album, prima delle esplosioni sonore di Una Guerra Fredda e del bilico melodico di Fuochi Artificiali. Subito dopo la rilassante L’amore ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici, sporca e dolcissima, c’è l’inquieta Anidride Carbonica. Troviamo influenze dello Springsteen di Nebraska (nel particolare minimalismo sonoro) e di Rino Gaetano, come si può notare in Le Petroliere che sembra quasi uscita da un disco del cantautore degli anni 60 se fosse vissuto ora. La componente citazionista dà un tocco in più, ci sono rimandi a Battisti ai Bluvertigo ed a Jo Squillo (addirittura). Per immergere ancor di più l’opera nel contesto temporale, LeLuci aggiunge riferimenti alla cultura pop e alla quotidianità (come i letti dell’Ikea o le Fiat Uno). Per respingerti in mare è un mancato inno pop ricco di armonizzazioni vocali, prima di I nostri corpi celesti, colma di speranza, e di Le ragazze Kamikaze che chiude l’album degnamente, riunendo tutti i temi sonori e testuali del disco.

È difficile dare un giudizio non dettato dai gusti musicali su Le Luci Della Centrale Elettrica. O piace o no. Il rischio del “Che Palle” è dietro l’angolo, se non è questa la musica che si cerca. Se invece ci si lascia trasportare dalle emozioni, è fatta, e si trova un grande album. Abbiamo tantissimi veri e propri aforismi come “a forza di ferirci siamo diventati consanguinei” oppure “adesso che sei forte che se piangi ti si arrugginiscono le guance”. Se gli adolescenti italiani fossero migliori di ciò che sono, scriverebbero QUESTE frasi capolavoro sulle loro Smemo, e non quelle di Valerio Scanu. Vasco è innegabilmente la voce di una generazione, forse è il nuovo Vasco (mi riferisco a quell’altro), con molti strumenti in meno e con molte parole in più. Ma tutte bellissime.

[scritto da Mm]

LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA
PER ORA NOI LA CHIAMEREMO FELICITA’
2010, La Tempesta
★★★

disponibile in: CD, Download Digitale (iTunes)

#01 Cara Catastrofe
#02 Quando Tornerai dall’Estero
#03 Una Guerra Fredda
#04 Fuochi Artificiali
#05 L’Amore Ai Tempi Dei Licenziamenti Dei Metalmeccanici
#06 Anidride Carbonica
#07 Le Petroliere
#08 Per Respingerti In Mare
#09 I Nostri Corpi Celesti
#10 Le Ragazze Kamikaze