Scrivo questa recensione mentre c’è un sole che si muore, c’ho mio nipote di 2 anni che gira per il giardino e urla “palla palla”. Scrivo questa recensione dopo un po’ di latitanza da iPodmania e dopo 2 mesi quasi dall’uscita di questo album: “10”, dei Linea77. 10, come gli anni di carriera discografica della band, come l’anno di uscita, il 2010, e come i brani che compongono il primo disco completamente in italiano della formazione torinese. Ascoltando l’album senza dubbio, il confronto con il precedente “Horror Vacui” non regge. Non perchè “10” non sia un signor disco, ma perchè “Horror Vacui” è un vero e proprio capolavoro a cui il sottoscritto è estremamente affezionato.
“10” è qualcosa di diverso, più leggero, se si vuole, meno alternative e più “normale”, ma i Linea son sempre i Linea. Il loro stile è inconfondibile, nella costruzione dei brani, delle batterie, dei riff. Dopo nemmeno 10 secondi dall’inizio della prima traccia si riconosce la personalità della band, subito. E se “Muezzin” parla del tempo che passa e dei “Corpi uniti in coro come d’amplesso” che “battono il tempo”, subito dopo arriva “Vertigine”: il primo singolo, vera megahit, coro da cantare tutti insieme ai concerti dei Linea ma anche in cameretta o in macchina mentre si sta per uscire.
Perchè descrive un momento tanto poetico quanto potente, quello della vertigine, con delle parole allo stesso momento, appunto, poetiche e potenti. Mentre scrivo, riecheggiano sulle mie timeline di FaceBook e Twitter le parole del ritornello del brano, quasi fosse una sorta di inno generazionale degli anni ‘10 (“10”, appunto), un po’ come accadde 6 anni fa con “66 (Diabolus In Musica)” e 2 anni fa con “Sogni Risplendono”.
Le parole vanno ascoltate, con attenzione, ed (in teoria) è anche più semplice comprenderle in quanto espresse nell’italica lingua. A volte sono taglienti come il “Il Senso”, sull’eutanasia, tema espresso in maniera diversa dalle “Verità poviane” ma con rabbia pura e diretta.
“A Noi” è quasi bipolare, tra versi romantici e “Vai A Farti Fottere” piazzati qua e là.
“Aspettando Meteoriti”, invece è l’altra gemma dell’album: Incazzata, Forte, Rock, Potente, Urbana. Specchio perfetto della società moderna, malata, sbagliata. Ed è arrangiata, scritta e cantata benissimo, “nell’attesa che domani ci colpisca un meteorite”.
Già solo l’arpeggio iniziale di chitarra dà senso a “La Notte”, poi entra una batteria stupenda e il gioco è fatto. I ragazzi ci sanno fare, e lo sapevamo, ma in questo disco leggermente più pop, riescono comunque a donarci tutta la loro essenza, con produzione complessa e interessantissima, con testi appuntiti e melodie e ritornelli orecchiabili, che non sono una bestemmia, dannazione.
La cosa che si nota è una sperimentazione pop inedita nei Linea, come quella di “Come Vipere”, quasi una ballata/urlata, con un bridge disincantato.
Au Revoir sembra uscita da un disco dei Guns degli anni ‘90, solo che è bella. Vera Ballata, romantica, quasi dolce, alla faccia di chi dice che il rock sia cattivo.
“Tank!” e “L’ultima volta” sono quasi antitetiche, l’una apocalittica, l’altra speranzosa. Nel caso della versione di iTunes, poi c’è una bella cover di “Out Of TIme” dei Blur, e che ve lo dico a fare.
È un ottimo disco, davvero, ma chi scrive è troppo, troppo, troppo innamorato di “Horror Vacui”, di cui questo è un perfetto seguito. Pop quanto basta, Alt quanto basta.
I Linea non hanno fatto niente di nuovo, e la cosa non dispiace. Hanno declinato se stessi in un contesto meno “particolare”, e ci son riusciti perfettamente, mostrando un eclettismo notevole e la capacità di mostrare tutti i sentimenti, dall’amore all’odio con tutto ciò che c’è in mezzo. Un disco da imparare ed urlare in macchina, in cameretta, in concerto…e intanto mio nipote continua ad urlare Palla Palla, e il sole è un po’ calato, e io sto qua a scrivere la recensione, riascoltare il disco ed urlare, con “la pelle che brucia, il respiro si spezza, cuore che pompa, sangue e paura. Vertigine”. Io non sono mai stato qui.
[scritto da Mm]